La storia del sushi è antica come la storia del Giappone. Eppure, sebbene il sushi sia una delle pietanze giapponesi più diffuse e popolari in pochi conoscono la sua origine. Il sushi, come ogni piatto, si è trasformato nel tempo ed ha raggiunto solo di recente la forma che conosciamo noi oggi.
Alcune fonti riportano l’arrivo del sushi in Giappone nel I secolo a.C. Arrivò dalla Cina. All’epoca si trattava di un metodo di conservazione del pesce che veniva protetto dal riso salato il quale veniva poi scartato e non mangiato. In questo modo il pesce poteva viaggiare senza guastarsi. La più antica ricetta di sushi che ancora oggi viene preparata nella zona di Kyoto, e in particolare nelle vicinanze del Lago Biwa, è il narezushi il quale, come accadeva un tempo, è fatto con pesce conservato nel riso salato. Rispetto al sushi che conosciamo oggi, che ha un gusto delicato e armonico, il narezushi ha un sapore molto deciso.
Fu solo durante il periodo Azuchi-Momoyama (1568-1603) che si diffuse l’usanza di mangiare il riso insieme al pesce e, parallelamente, di utilizzare pesce e ingredienti locali. Come tutta la cucina giapponese, il sushi è un piatto che segue le tendenze stagionali e le tradizioni locali, e alcuni tipi di sushi sono caratteristici di specifiche località.
Successe proprio questo con i nigiri, la tipologia di sushi forse più famosa al mondo. Questo sushi è chiamato anche edomae – letteralmente “davanti a Edo”, o più propriamente edojōmae, ossia “davanti al castello di Edo” – Edo era l’antico nome di Tokyo e fu qui che nacque il nigiri, il panetto di riso guarnito con alghe e molluschi provenienti dalla baia di Tokyo. Durante il periodo Tokugawa, conosciuto anche come periodo Edo (1603 – 1868), la città di Tokyo ebbe una grande espansione. Il Giappone, ormai unificato, visse un lungo momento di pace e la capitale si trasformò in un centro nevralgico per l’economia e il commercio, attirando lavoratori da tutto il paese. Nel paese arrivò l’aceto che introdusse una rivoluzione nel modo di cucinare il sushi. Infatti, gli abitanti di Edo capirono presto che con l’aggiunta di questo ingrediente si poteva ottenere un riso acido senza dover aspettare i tempi naturali del processo di fermentazione. Iniziarono così a nascere i primi yatai, le bancarelle che vendevano cibi pronti per strada, e il sushi divenne una delle pietanze più popolari, simbolo storico dello stree-food giapponese.
A rivoluzionare ancora la degustazione del sushi fu, nel 1868, Hanaya Yohei, l’inventore del sushi come lo conosciamo oggi, quello col pesce crudo, dato che fino alla metà dell’Ottocento il sushi veniva servito insieme al pesce grigliato. Yohei ebbe l’idea di proporre ai propri clienti fettine di pesce crudo appena pescato, servito immerso nell’aceto o nella salsa di soia per ovviare ai problemi di conservazione. A causa del divieto della somministrazione di alcol accompagnò il sushi con una tazza di tè, usanza che si è mantenuta nel tempo e che è attualmente presente nelle sushiya tradizionali. Nel 1923 il terribile terremoto rase al suolo Tokyo. La ricostruzione della città portò di nuovo nella capitale manovalanze provenienti da tutto il Paese: artigiani, mercanti e manovali abituati a mangiare sushi “al volo” mentre andavano al lavoro, diffusero questo piatto anche nelle loro terre di origine. Nel 1947, la Seconda guerra mondiale causò una grave penuria di cibo e di riso e venne vietata la vendita di pesce crudo per le strade. La conseguente scomparsa degli yatai portò i commercianti alla costruzione dei primi ristoranti di sushi. Fu così che questa pietanza divenne il sofisticato piatto con prezzi da capogiro che conosciamo oggi. Nel 1958 nacquero i primi kaitenzushi, i ristoranti che servono il sushi su un nastro trasportatore, facendo ritrovare così a questo piatto la sua anima popolare. Da questo momento in poi il sushi si diffuse anche all’estero, arrivando prima negli Stati Uniti, dove venne creato il California Roll, e poi in tutto il mondo.