La cucina popolare giapponese è un universo molto vario, caratterizzato da numerose sfaccettature, che vanno dallo street-food al fast food, fino alle cucine locali. Così come succede per il sushi e per il ramen, che possono essere considerati anch’essi piatti dello stree-food, le regole principali sulle quali si sviluppa questa gastronomia sono estetica e tecnica da un lato, stagionalità e regionalità dall’altro.
Quando si parla di street-food giapponese, la parola chiave è sicuramente yatai, le bancarelle ambulanti che in occasione di feste popolari o religiose vendono sushi, ramen, soba, yakitori, okonomiyaki e tante altre varietà di cibo da mangiare subito, in piedi, per strada o in banchetti improvvisati. I primi yatai, con le loro insegne visibili e colorate, nacquero durante il periodo Edo (1603-1868) e si diffusero presto nei luoghi nei quali la gente si affollava, strade commerciali, davanti alle porte dei templi buddisti o dei santuari shintoisti. Oggi gli yatai hanno cambiato forma e si sono trasformati nei più accessoriati truck-food, ma la loro funzione resta la stessa: offrire un sostanzioso pasto veloce a un buon prezzo.
Infatti, nonostante le origini antiche degli yatai, la tradizione di mangiare in piedi permane ancora oggi in Giappone, specialmente in città grandi e affollate come Tokyo. Nei luoghi di passaggio come le stazioni, dove passano migliaia di persone al giorno e non è raro trovare negozi nei quali si mangia in piedi per comodità. In occasione di grandi feste come i matsuri è inoltre molto comune trovare ancora oggi gli yatai nella loro forma più tradizionale. Birra, zucchero filato, dolcetti vari e giocattoli: gli yatai vedono un po’ di tutto, anche se è il ramen la pietanza che è meglio rappresenta la storia di queste bancarelle che una volta passavano per le strade della città annunciando il loro arrivo suonando il charumera, il tipico corno musicale utilizzato dai venditori per richiamare l’attenzione degli abitanti.